Petrus. Un vino che sembra fatto apposta per uccidere i miti vinicoli, diventandolo a sua volta, definitivamente. Cosa c’è di speciale qui? Andiamo a scoprire perché questo gioiello della viticultura Bordolese ha incrinato nell’immaginario collettivo degli enofili molti riferimenti e parametri, quelli che hanno contribuito alla crescita della fama di tutti gli altri “top wines” della riva destra e di quella di sinistra della Dordogna, mettendo in soggezione anche la Garonna.
Pomerol. Petrus. Punto e basta. Pas de Chateau, perché il castello non c’è. C’è un luogo -un edificio perfino modernizzato- dove si porta il frutto maturo. Lì si selezionano, si pigiano i grappoli, si attende la fermentazione, si vinifica il succo in vasche di cemento e si affina il vino in barriques per almeno 18 mesi; poi si imbottiglia e si affina ulteriormente. Si può fare tutto benissimo anche senza Chateau e senza scendere nella definizione di “vin de garage” come è stato etichettato a suo tempo Le Pin, il nobile cugino che su meno di tre ettari valorizza ulteriormente i vini di Pomerol, ma non raggiungendo le quotazioni di Petrus nonostante una produzione molto più ristretta.
Non c’è nessuna menzione ridondante in una etichetta di Petrus. Nessuna classificazione impettita come nel caso dei soliti sospetti, quei quattro leggendari Premier Grand Cru del Medoc e il quinto, nella zona di Pessac-Leognan. Petrus non è neppure un Gran Cru Classés, come è il caso dei suoi tre vicini, i divini di Saint-Emilion. In etichetta troverete la sola dicitura Grand Vin, almeno quello.
Il terreno, unico, argilloso, quello che consente al merlot di esprimersi in solitario ed in piena purezza, come adoro, seguace pungente del monovitigno. Quel terreno che anche dalle parti di Chateauneuf du Pape consente al vitigno grenache di dar vita tutto da solo a Chateau Rayas, quando la normalità laggiù è assemblare anche una dozzina di succhi provenienti da vitigni diversi per dare completezza e complessità ad un Chateauneuf du Pape di razza. Ma se hai a disposizione un terroir così ne puoi fare a meno di miscelare mosti o vini provenienti da vitigni differenti. Caso mai puoi mescolare i vini ricavati dalle diverse esposizioni, ma tutte piantate con la medesima varietà, come è proprio il caso del magnifico Rayas, che poi si definisce Chateau anche se l’edificio sembra un pollaio.
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