Agosto, tempo di ferie. Anche delle mie. Quest’anno direzione sud, Calabria. Prima di arrivare a destinazione per buttare le scarpe, le chiavi della macchina e spalmarmi sulla spiaggia decido di organizzare un pit-stop culinario.
In perfetto stile fratelli Michelin, la tappa si trova sempre in Calabria ma più a nord rispetto alla mia destinazione. A Strongoli (Crotone) non ci arrivi per caso. E il tragitto non risparmia alla vista gli sfregi di cemento armato inferti a una delle coste più belle d’Italia, a un soffio dal mare. Siamo in provincia di Crotone, al Dattilo, dallo chef Caterina Ceraudo (una stella Michelin). Per la Michelin, quella di Ceraudo è “una cucina moderna e allo stesso tempo non complicata, in cui il sapore è spesso bilanciato da giuste dosi di acidità e dolcezza”. Solo arrivati a destinazione il passo cambia, di botto, e dalle architetture ossessivo compulsive della speculazione selvaggia la natura prende il sopravvento in un adagio di profondissima quiete.
Come in altri casi subito una parola per identificare l’esperienza: sublime semplicità!
Avevo già pubblicato un post nel quale si parlava di Calabria, in particolare seganlavo come il New York Times, nella sezione Travel della sua edizione web, ha inserito la Calabria tra i 52 posti da visitare nel 2017, consacrandola in classifica alla 37a posizione per le sue bellezze paesaggistiche e per la sua straordinaria tradizione enogastronomica. Ed eccoci allora qui alla corte della Ceraudo, la quale, oltre alla meritata stella Michelin (erediata dallo chef Frank Rizzuti e confermata), vanta un altro primato: è anche la donna chef dell’anno secondo la Michelin che le ha assegnato il premio Veuve Clicquot – alla prima edizione – nell’ambito dell’Atelier des Grandes Dames, un vero e proprio tributo alle donne dell’alta ristorazione voluto dalla Maison de Champagne. Di certo rappresenta una bella storia italiana di imprenditoria al femminile.
Classe 1987, Caterina Ceraudo si è messa alla guida della cucina dell’azienda di famiglia nel 2013 e di un ristorante che si trova all’interno di una tenuta agricola biologica da dove arrivano i prodotti della sua dispensa e della sua cantina, perché tra orti e uliveti non mancano anche i vigneti. Insomma la chef con una laurea in enologia appesa alla parete, porta dal campo alla tavola tutti i sapori del suo territorio. Un centinaio di ettari rigorosamente a coltura biologica: uliveti, vigneti, frutteti e ortaggi, la cantina, la “fabbrica” dell’olio e, al centro, il ristorante, gli appartamenti, la piscina.
Dopo aver conseguito la laurea a Pisa in Viticoltura ed Enologia, il percorso di Caterina devia leggermente; la sua voglia di diventare chef la porterà a frequentare la Scuola di Alta Formazione Niko Romito e a lavorare subito dopo nelle cucina del Reale.
La cucina di Caterina Ceraudo, una realtà in divenire che mostra oggi tutte le premesse di un futuro importante. Ha studiato e viaggiato, ha avuto grandi maestri (e nei suoi piatti se ne percepiscono evidenti le citazioni), soprattutto ha compreso che dispone di un patrimonio unico di prodotti di terra e di mare intorno ai quali attingere per creare i suoi piatti.
La nostra storia è il menù degustazione scelto:
La cantina è ampia ma vale la pena puntare sulla gamma dei vini di Casa Ceraudo, ormai testimoni di una viticoltura calabrese maggiorenne e affrancata dall’immagine di vini grevi e ineleganti che l’ha accompagnata per anni.