Il mio cocktail preferito: il Margarita

La vera cosa intrigante è quel bicchiere a sombrero che mette di buon umore soltanto a guardarlo soprattutto a chi, come me, ama il Messico.

Si dice sia stato Elvis a far conoscere al mondo il Margarita con il suo film “L’idolo di Acapulco”. Ma si dice anche che il drink messicano sia stato creato da un barman appositamente per Rita Hayworth. Ma la vera cosa intrigante è quel bicchiere a sombrero che mette di buon umore soltanto a guardarlo soprattutto a chi, come me, ama il Messico.

FInite le presentazioni, passiamo alla sostanza. Il Margarita appartiene alla grande famiglia dei sour, il che vuole dire drink fatti con uno spirito (il tequila), un acido (il succo di lime) e un dolcificante (un Triple sec, per esempio il Cointreau). Ma attenzione, come sempre la corretta proporzione la dovete trovare voi, sulla base del vostro gusto sovrano e della marca di tequila (e di Triple sec) che utilizzate.
Da ricetta dell’Associazione internazionale dei bartender (Iba) le dosi sono 3,5 cl di tequila bianca, 2 cl di Cointreau, 1,5 cl di succo di lime. Frequente anche l’aggiunta di sciroppo di agave per gli amanti del più dolce.

Per prepararlo allora, per prima cosa occorre disporre il bicchiere: se ne bagna metà del bordo con il lime, poi lo si appoggia su un piattino di sale per formare la sua cosiddetta «crusta».
Gli ingredienti vanno messi nello shaker con molto ghiaccio e mescolati con nerbo. Quindi, si scolano nel bicchiere. Come e anche più di tutti gli altri cocktail shakerati, il Margarita va bevuto in fretta: perché perde presto la consistenza di seta acquisita agitandolo.

Io amo berne tre e poi andare a dormire.

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