Oltre ad essere un metodo semplice e a portata di mano per conservare i cibi, scoperto quando non c’era il frigorifero, la fermentazione è anche in grado di aiutarci nella digestione. La fermentazione non è certo una novità: per millenni l’uomo ha sfruttato questo processo per conservare gli alimenti, dai derivati della soia (salsa, miso, tempeh), allo yogurt. Fino ai nostri formaggi e salumi, ai sottaceti, al vino e il pane, ancora realizzati attraverso la fermentazione, anche se super controllata dall’industria.
Molti studi hanno dimostrato che i cibi fermentati hanno un vantaggio in più: fanno bene alla salute. E questa tecnica antica, nella sua versione tradizionale e domestica, è stata risco perta, soprattutto tra gli amanti della cucina naturale e vegetariana (nella foto in alto un piatto veg di verdure fermentate con tempeh, servite con tè kombucha). L’americano Sandor Katz, punto di riferimento per i nuovi adepti, è un sostenitore della Wildfermentation (fermentazione selvaggia, che è anche il titolo di un suo libro del 2011): cioè spontanea, che produce “cibo vivo” e ricco di microrganismi buoni, in contrapposizione a quello “morto”, asettico e industriale. Anche da noi i fermenti hanno fatto proseliti: con corsi e laboratori per cimentarsi a casa; e libri di ricette, soprattutto di verdure e frutta.
Perché i cibi in conserva hanno un gusto tutto speciale, acidulo con note sapide, che ha conquistato anche gli chef.
La fermentazione è un processo naturale in cui alcuni microrganismi (lieviti e batteri) decompongono gli alimenti, principalmente i carboidrati, trasformandoli in acidi, alcol e gas. Di conseguenza i cibi durano più a lungo, perché l’acido agisce come un conservante naturale, senza bisogno di additivi. La fermentazione può essere spontanea, ad opera di batteri e lieviti presenti nell’aria (per pasta madre e verdure); oppure con trollata, con una coltura iniziale di batteri (starter), che si può anche comprare nei negozi specializzati (per yogurt, kefir e kombucha).
Ingredienti
Procedimento
Lavare e tagliare le verdure sottilmente e riporle in barattoli di vetro aggiungendo a piacere aglio e aromi (alloro, pepe bianco ecc.). Questi, oltre ad insaporire, aiutano la fermentazione lattica, evitando la formazione di muffe e batteri indesiderati che finirebbero col rovinare il prodotto finale.
Sciogliere 30 g circa di sale marino integrale per litro d’acqua e portare ad ebollizione (serve a togliere il cloro dall’acqua e disinfettarla dai batteri presenti), lasciar raffreddare e versare sulle verdure fino a ricoprirle. C
hiudere infine con un tappo in modo non ermetico (nella fermentazione si produrrà dell’anidride carbonica che dovrà uscire, altrimenti si romperà il barattolo). Lasciare riposare le verdure in un ambiente a circa 20°C per 15 giorni. Passato il tempo le verdure fermentate sono pronte! Possono essere conservate in frigorifero o in un ambiente a bassa temperatura per 2-3 settimane.