Arrotolata, sotto sale, dolce o piccante; considerata per secoli come un cibo povero, è diventata un alimento irrinunciabile delle cucine di tutto il mondo.
Parliamo dell’alice o dell’acciuga: due nomi per lo stesso pesce che annovera altre varianti dialettali a seconda della regione italiana, presente nei piatti degli uomini fin dall’antico Egitto. Protagonista presso gli antichi Greci e Romani – con il garum, il celebre condimento – e cibo consigliato durante i giorni bui del Concilio di Trento, con il passare del tempo l’acciuga si è imposta anche nelle corti nobiliari perché nessuno poteva sottrarsi al suo sapore delizioso.
La storia di questo pesce nasconde un percorso fatto di passione, di duro lavoro e di creatività: dalla pesca alla salatura, dalla conservazione all’inscatolamento.
Parlando di eccellenze di questi prodotti vengono in mente le acciughe del Cantabrico e le alici di Cetara.
Quali sono i motivi di queste eccellenze, la materia prima dettata dalla zona o storia e tradizione della lavorazione o che altro? Il sapore di un’acciuga è influenzato dal luogo in cui viene pescato, perché il plancton, la temperatura dell’acqua e la sua salinità ne influenzano il sapore, il profumo e la consistenza. In realtà se parliamo di prodotto di eccellenza, ciò che fa davvero la differenza è la lavorazione, quindi la salatura e la filettatura. Non è detto che un’acciuga del Mar Cantabrico o di Cetara siano buone a prescindere.
Le acciughe del Mar Cantabrico sono grosse, dalla polpa molto consistente e saporita. Diversi i fattori che determinano la bontà di questo prodotto, primo tra tutti le caratteristiche del tratto di mare tra le coste settentrionali della Penisola Iberica e quelle della Francia Occidentale. La lavorazione delle acciughe, certificate dal Marchio Acciughe del Cantabrico dei Paesi Baschi, avviene ancora oggi in modo artigianale e manuale: dalla preparazione per la salatura, per arrivare alla sfilettatura e all’inscatolamento finale. La pesca di questa specie è controllata e limitata da inizio marzo a fine giugno.
A Cetara, fin dai tempi antichi, si è praticata la pesca delle alici che rappresentavano un alimento di largo consumo e il nutrimento principale delle popolazioni costiere. Le alici venivano salate in modo da poter essere conservate nei mesi invernali, quando la pesca era scarsa, dentro vasetti di terracotta smaltati all’interno. I cetaresi cedevano il surplus e conservavano il liquido che gemeva dalle alici salate (colatura), aggiungendolo al vasetto che conservavano per le loro esigenze. Poi, nel periodo natalizio, la colatura si scambiava tra le famiglie di Cetara per condire gli spaghetti della vigilia. La tradizione, che si è perpetuata fino ai giorni nostri, si è sviluppata così tanto da far sorgere piccole e medie imprese artigianali sul territorio comunale ed immediatamente confinante. Ora è diventato un prodotto d’eccellenza inserito nei Presidi di Slow Food.
In generale quando si ha a che fare con le alici o con le acciughe, il primo consiglio è quello di valutare l’aspetto: il prodotto dev’essere ben pulito, senza pelle né spine; poi va valutato il colore, che deve avere leggere sfumature rosate tendente al nocciola, senza macchie o striature scure. Dopo aver valutato questi aspetti, la curiosità per i diversi sapori dev’essere giustamente soddisfatta, per cui se parliamo di acciughe del Mar Cantabrico, sappiamo che sono acciughe carnose, spesse e saporite con una leggera coltre di grasso che le rende particolarmente gustose.