Parente stretto del carciofo, il cardo da coste veniva già coltivato nella Roma imperiale e intensivamente dal Medioevo in tutta l’area mediterranea. Caratteristica di questo ortaggio è la fase dell’imbianchimento durante l’ultimo periodo della coltivazione, quando le piante vengono legate e rivestite con carta o nylon scuro per ripararle dal gelo e non fare sviluppare loro clorofilla.
Pertanto, è da evitare l’acquisto di cardi con tracce verdi perché risulterebbero fibrosi e amari. I cardi gobbi di Nizza Monferrato sono tenerissimi e si possono consumare anche crudi, anche intinti nella “bagna caoda”. Le ricette tradizionali a base di cardi sono tante e non solo in Piemonte, la prima regione per produzione e consumi dell’ortaggio. I cardi alla perugina, per esempio, sono una ricca parmigiana. Il cardone abruzzese, invece, è una preparazione in brodo (di gallina, cappone o tacchino) con polpettine e quello beneventano prevede l’ulteriore aggiunta di uova sbattute a fine cottura. In alcune zone del Centro Sud, poi, il cardone si consuma con i peperoni dolci secchi tritati e soffritti in aglio e olio. I cardi si sposano bene con il formaggio, basti pensare agli sformati con fonduta, alle “parmigiane” o ai gratin con gorgonzola e noci. Molto diffusi sono anche semplicemente lessati. Nel messinese vengono impanati e fritti e serviti con costine di maiale o di agnello alla griglia. Più semplicemente si possono preparare anche in umido con pomodoro, salsiccia o puntine di maiale oppure in fricassea (Emilia Romagna).